Sabato 7 marzo il primo appuntamento dedicato a Nazario Sauro organizzato dalla Fondazione Cariperugia Arte a margine della mostra allestita a Palazzo Baldeschi fino al 2 giugno. Si prosegue fino a maggio.

 PERUGIA – «La Grande guerra. Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Per comprendere meglio, cento anni dopo».

Sono racchiuse in queste poche ma pregnanti parole le cause che hanno prodotto la Prima guerra mondiale e le conseguenze che essa ha determinato. Un conflitto, quello del 15-18, che da molti storici è considerato un vero spartiacque tra Ottocento e Novecento. Perché coinvolse la quasi totalità dei Paesi del mondo. Perché ruppe i vecchi equilibri di potere. Perché fu combattuto su larga scala con armamenti moderni. Perché mai una sola guerra aveva fatto, sino a quel momento, un numero così alto di morti.

La frase citata è il titolo –  tratto da un libro scritto da Emilio Gentile – che il curatore Alessandro Campi scelto per il ciclo di 11 incontri organizzato dalla Fondazione Cariperugia Arte legato alla mostra sulla Grande guerra allestita a Palazzo Baldeschi fino al prossimo 2 giugno.

Sabato 7 marzo, alle 17.30, a Palazzo Graziani, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia il primo appuntamento, dedicato a “Nazario Sauro, l’irredentismo e le origini della Grande guerra” con la presenza del nipote di Nazario Sauro, Ammiraglio della Marina italiana Romano Sauro, che ne ha appena scritto una voluminosa biografia (Nazario Sauro. Storia di un marinaio). Gli incontri  proseguono fino a maggio con conferenze su “Le donne nella Prima guerra mondiale”, “Raccontare la guerra: gli scrittori in trincea”, “La Chiesa in trincea”, “I cattolici e la Grande Guerra”, e altri eventi di grande rilevanza e spessore culturale.  Storici, giornalisti e scrittori raccontano una vicenda che ha coinvolto il Paese, nella logistica, nella partecipazione di tanti soldati che partivano dalle proprie case, da tutte le regioni, anche dalla nostra, arruolati per combattere in una guerra che alla fine avrebbe lasciato sul campo seicentomila morti.

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