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PERUGIA – Firenze descritta come una nuova Atene. Un nesso non scontato quello il professor Antonio Natali ha tracciato nel corso dell’incontro “La nuova Atene: Firenze al tempo della Repubblica di Pier Soderini” che si è tenuto il 24 maggio a Palazzo Graziani. L’iniziativa, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e dalla Fondazione Cariperugia Arte, fa parte del calendario “Arte e potere”, un progetto nato per scavare il legame – spesso sotterraneo e ambiguo – tra arte e potere nel corso dei secoli.
Il professor Antonio Natali, direttore storico della Galleria degli Uffizi di Firenze, alla cui guida è stato per ben 10 anni, ha disegnato il percorso dell’arte a Firenze durante gli anni della Repubblica, quando Pier Soderini era Gonfaloniere. Stimo parlando del periodo compreso tra il 1502 e il 1512, gli anni delle battaglie di Leonardo e Michelangelo, del soggiorno di Raffaello, del David del Buonarroti, del monumento funebre di san Giovanni Gualberto scolpito da Benedetto da Rovezzano, degli esordi di Andrea del Sarto nel chiostrino dei voti alla Santissima Annunziata (poco prima che vi affrescassero il Rosso e il Pontormo, portati lì dal Sarto). Sono insomma gli anni in cui a Firenze maturano la loro espressione Michelangelo e Raffaello, che nel 1508 partono alla volta di Roma e, forti dell’esperienze fiorentine, ne mutano il corso dell’arte.


All’intervento del professor Natali sono seguiti quelli di Francesco Federico Mancini e di Alessandro Campi dell’Università di Perugia.

Nell’affrontare il legame tra arte e potere il professor Mancini ha parlato di due opere, fra loro collegate, del più eccentrico ed estroso pittore del primo Cinquecento fiorentino: Piero di Cosimo. L’attività di questo artista rivolta a personaggi della fronda antimedicea come i Del Pugliese e gli Strozzi, potrebbe significare una sua vicinanza, plausibile ma mai dimostrata sino in fondo, al Gonfaloniere Pier Soderini e al suo governo repubblicano.

Infine, il professor Alessandro Campi ha parlato del più stretto collaboratore politico del Gonfaloniere Soderini per tutto il periodo della Firenze repubblicana: Niccolò Machiavelli. C’è una domanda alla quale i biografi di quest’ultimo non sono mai riusciti a rispondere in modo chiaro e definitivo: come è possibile che un uomo della sensibilità e della cultura di Machiavelli nei suoi scritti non abbia mai manifestato alcun interesse particolare per gli artisti sommi che in quegli anni operavano a Firenze e che egli certamente conosceva? Indifferenza per l’arte e le sue creazioni o la consapevolezza di star egli stesso contribuendo, attraverso la sua riflessione sulla politica e il potere, così come saranno condensate nel Principe, alla creazione dello Stato come opera d’arte?

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