Inaugurato il percorso espositivo allestito a Palazzo Lippi Alessandri che comprende oltre 50 opere di proprietà dell’Ente. Il presidente Colaiacovo: “Vediamo materializzarsi, nella forma più bella e completa, il lavoro di oltre vent’anni”.

PERUGIA – 50 dipinti di grande rilievo rappresentativi non solo delle esperienze artistiche che si affermano in Umbria nell’arco di quattro secoli, dal Trecento al Settecento, ma anche di altri aspetti della cultura figurativa italiana dal Rinascimento al Barocco, sono in mostra sino al 20 novembre in Palazzo Lippi Alessandri a Perugia.

La grande mostra che inaugurata il 20 marzo è uno spettacolare “biglietto da visita” di una collezione, quella creata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia per stimolo del presidente Carlo Colaiacovo, di livello notevolissimo. Come ha voluto riconoscere Vittorio Sgarbi, nel presentarla nel corso di un evento che si è tenuto presso la Sala dei Notari alla presenza del Sottosegretario del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Ilaria Borletti Buitoni che ha sottolineato l’importanza di iniziative di questo genere per valorizzare il patrimonio artistico di cui è ricco il nostro Paese.

Sgarbi non ha esitato ad indicare la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia ad esempio, decisamente positivo, della gestione pubblica di un grande patrimonio culturale. Un patrimonio che, in quanto appartenente alla stessa Fondazione, potrebbe essere stato inteso e gestito come “privato”, ovvero destinato a bene rifugio da tutelare, certo, ma non da proporre alla collettività. Non solo la Fondazione non ha scelto questa linea, ma al contrario ha attentamente selezionato le opere via via acquisite.

Altre parole di apprezzamento Sgarbi le ha riservate alle scelte che la Fondazione ha fatto, con determinazione e competenza, nella individuazione e selezione delle opere d’arte da far confluire nella propria Collezione. Opere di artisti di ambito umbro, scelte con particolare oculatezza, spesso per riunirle e salvarle dalla dispersione. Un progetto mirato, “alto”, per mettere l’uno accanto all’altro, secondo un disegno preciso, i nomi di massimo rilievo dell’arte umbra dal periodo medievale, come ne caso del Paliotto, che Sgarbi definisce “intenso”, di Matteo da Gualdo, passando per Perugino e Pinturicchio e per gli altri grandi interpreti del Cinquecento Umbro. Per svelare poi la qualità del Cerruti, e confrontare il “Cavalier Perugino” con l’Alunno, Federico Zuccari, il Pomarancio e di altri interpreti del manierismo.

Non un percorso – sottolinea Sgarbi – dedicato esclusivamente alle “grandi firme” ma una indagine scientificamente inappuntabile che non tralascia di indagare anche momenti interessanti ma meno noti della pittura umbra come il paesaggismo di Pietruccio Montanini o i capricci di Alessio De Marchis.

Umbria ma non solo, perché nella Collezione sono entrati anche dei grandi nomi “fuori territorio”; come Guercino, Carracci, Pier Francesco Mola o lo svizzero-romano Serodine.

“L’inizio di questa collezione, quasi vent’anni fa, fu una scelta non facile, ma che il tempo ha reso strategica e vincente”, ricorda il Presidente Colaiacovo. Una affermazione che trova palese riscontro nella attuale esposizione dedicata ai Tesori della Fondazione.

Mostra che non è ovviamente esaustiva di quanto di eccezionale la Fondazione ha riunito in anni di attente acquisizioni.  Lo sottolinea il curatore della mostra, il professor Francesco Mancini che ha “tenuto a balia” questo importante progetto.

“Gli spazi a disposizione della mostra non hanno consentito, chiarisce il curatore, di aggiungere altri pezzi. Siamo tuttavia consapevoli che ulteriori, interessanti oggetti di proprietà della Fondazione meriterebbero di essere presentati e fatti conoscere; soprattutto di epoche storiche più vicine a noi. Ciò vale, ad esempio, per l’ormai consistente patrimonio d’arte del Novecento umbro; un patrimonio che è andato di giorno in giorno arricchendosi grazie soprattutto ai lasciti di privati che, specie se eredi di importanti artisti, hanno visto nella Fondazione un approdo sicuro per custodire la memoria dei propri congiunti; ma anche un Istituto attento a valorizzare queste loro generose e al tempo stesso lungimiranti operazioni di mecenatismo culturale”.

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